Note biografiche
Nasce il 4 giugno 1926 a Tarcento (Udine) da una famiglia contadina.
Nel 1940 frequenta a Tarcento la bottega di Cesare Turrin, uno dei primi fotografi in Friuli, che si dedica alla pittura, alla decorazione, all’alchimia. Il figlio di Cesare, Tiziano Turrin, pittore di talento, lo inizia al disegno e alla pittura.
Nel 1941-42 esce da Tarcento per andare a fare esperienza a Colugna (Udine) nel laboratorio dell’ebanista e restauratore Salvatore Rizzi, che gli insegna ad intagliare cornici in stile toscano e rococò, a fare decorazioni in stucco e copie dal vero da calchi in gesso e riproduzioni.
Nel 1943 frequenta a Udine lo studio dello scultore Antonio Franzolini, da cui apprende a formare gessi. Esegue le prime terrecotte e i primi disegni in modo autonomo.
Nell’aprile 1944 viene internato in un campo di prigionia in Austria, dove compie i suoi 18 anni.
Dopo il suo ritorno dall’Austria nel 1945 segue con impegno e passione la nascita e lo sviluppo del movimento neorealista friulano, mentre partecipa a Udine all’attività dei circoli artistici e alle prime mostre collettive.
Nel 1946 si iscrive a Venezia al Liceo Artistico, che frequenta per un certo periodo ma poi interrompe.
Durante il 1948-49 si trasferisce in Jugoslavia, dove lavora come disegnatore per libri e giornali.
Nel 1951-52 intraprende un nuovo periodo di soggiorno all’estero: lavora a Ginevra in Svizzera come decoratore di palazzi e chiese e compie frequenti viaggi a Zurigo, Basilea, Parigi, dove viene a contatto diretto con le opere d’arte moderna.
Le esperienze recepite durante un viaggio nel sud della Francia presso i vecchi maestri dell’arte ceramica sono di fondamentale importanza per la sua attività. Dopo il suo rientro a casa, nel 1953, costruisce nella legnaia di casa un primitivo forno a legna per la cottura delle ceramiche, da cui escono forme tratte dalla tradizione popolare (bassorilievi su pannelli, piatti e vasi istoriati con soggetti quali risse all’osteria, pescatori, caccia al cinghiale, motivi mitologici, lotte di animali). La produzione artistica di questo periodo viene esposta alla Galleria “La Colonna” di Milano nel febbraio del 1959, al Ridotto del Teatro Comunale di Carpi nel maggio e alla Galleria “Verrocchio” di Pescara nel settembre 1960.
Dal 1960 comincia a introdurre una nuova metodologia tecnica nella lavorazione della ceramica grazie alla sperimentazione su smalti e terre: le opere realizzate in questo modo vengono definite “ceramiche greificate” (Battaglie, Scheggioni per la Resistenza, Cadute di Icaro, Porte di Hiroshima). La “Grande porta di Hiroshima”, esposta nel 1962 alla XXXI Biennale d’Arte Moderna di Venezia, gli vale il conferimento del Premio del Ministero dell’Industria e del Commercio per la ceramica.
Tra il 1960 e il 1962 realizza a tempera o china su carta una serie di disegni che hanno come soggetto le Macchine da guerra e le Formiche in assetto di guerra e costituiscono le prime opere non figurative dell’artista.
Il tema della guerra viene sviluppato ulteriormente in una serie di opere in ceramica che raffigurano teste umane, come le Teste di guerriero e le Teste di gladiatori, che vengono esposte presso la Galleria d’Arte Internazionale di Firenze nel febbraio e la Galleria Studio Artecasa di Pisa nel marzo 1963.
Gli anni ’60 costituiscono un decennio di grande attività: si confronta con i fratelli Dino, Mirko e Afro Basaldella e collabora con diversi architetti, tra i quali Marcello D’Olivo, Ermes Midena, Gino Valle, Gianni Avon. In questo periodo realizza le sue prime opere di grandi dimensioni, concepite inizialmente come complemento dell’apparato architettonico, che saranno all’origine di un nuovo modo di vedere la scultura nella sua espressione più monumentale. Appartengono a questo filone le realizzazioni in ceramica più impegnative: Pannello decorativo murale per la Birra Moretti di Lignano, Bassorilievo della sala consiliare del Municipio di Carpi, Aquilone della scuola elementare Ellero di Tricesimo, Decorazione parietale per la scuola elementare Marinelli di Tarcento, Decorazione parietale esterna per la scuola media Montanari di Mirandola, Bassorilievo per l’Istituto Tecnico Industriale F.Corni di Modena. Con queste opere porta la tecnica della ceramica al suo culmine, per poi abbandonarla a partire dalla seconda metà del decennio dedicandosi a nuove forme e nuovi materiali, come i metalli, le resine sintetiche, la pietra e il legno.
Le sperimentazioni sulla ghisa fusa combinata con metalli incorporati iniziano dal 1961 con le opere che compongono la serie dei Gong, Dischi e Scudi, con i quali avviene il passaggio dal canone figurativo al motivo circolare. Questo tema ritornerà durante tutto il suo percorso artistico in una vastissima serie di varianti che dall’inizio degli anni ’60 giungono fino alle scomposizioni geometriche degli anni ‘80.
La presenza di elementi sferici raccordati da strutture curvilinee ricorre nella serie dei Mandala tascabili: sono delle sculture levigate e lucide, fuse in acciaio, bronzo o argento, che per le loro piccole dimensioni si prestano ad essere tenute nel palmo delle mani; il titolo di queste opere è ispirato al motivo delle strutture geometriche utilizzate in Estremo oriente per le meditazioni e caratterizza una produzione molto prolifica che ha inizio nel 1967 e si protrae nel corso degli anni ’70.
A partire dalla seconda metà degli anni ’60, parallelamente all’utilizzo del metallo fuso (le fusioni vengono realizzate nella maggior parte dei casi in acciaio inox e ghisa), Ceschia si avvicina alla lavorazione della pietra. L’uso di questo materiale consente il definitivo passaggio ad una scultura di tipo non figurativo che vuole la semplificazione della forma e porta all’accostamento allo studio ed all’interpretazione della sfera. La forma della sfera, come quella del disco, verrà riproposta da Ceschia in una grandissima varietà di soluzioni compositive, di materiali e di dimensioni, tanto da divenire una delle espressioni più caratteristiche della sua produzione scultorea dell’ultimo ventennio. Le maggiori opere realizzate in pietra sono eseguite in occasione del suo invito alle rassegne di Forma Viva (un simposio di scultura internazionale in cui agli artisti viene messa a disposizione la materia prima necessaria per la realizzazione delle opere, le quali rimangono in dotazione di un’esposizione permanente all’aperto dislocata in varie località della Jugoslavia): Ceschia partecipa a tre diverse edizioni in cui realizza in Slovenia due lavori in pietra (a Pirano nel 1969 e a Labin nel 1971) ed una grande Sfera (diam. cm. 450) in cemento armato bianco (a Maribor nel 1973). La Sfera di Maribor è la prima di una serie di opere analoghe, basate sulla rivisitazione dello stilema della sfera, che lo scultore realizza nel corso dei successivi quindici anni: ricordiamo la grande Sfera per il Palazzo dei Congressi di Grado (1981), quella per l’esposizione “Forme per il cemento” di Roma (1988) e le due per il nuovo stabile amministrativo della Telecom di Udine (1989-90).
Un importante momento di verifica è costituito dalla grande mostra retrospettiva che viene tenuta nel giugno del 1968 a Udine presso Palazzo Kechler: è un’esposizione a carattere antologico, corredata dalla pubblicazione di un volume monografico, che ripropone il miglior materiale prodotto in oltre vent’anni di intensa attività.
Intorno alla metà degli anni ’70 decide di costruire a Collalto di Tarcento un nuovo grande laboratorio artigianale che contiene vari spazi per la lavorazione dei metalli, del legno, della pietra e del gesso, per la realizzazione dei disegni e per l’esposizione delle opere.
Nel 1975 viene nominato cittadino onorario di Cividale per avervi realizzato il Monumento alla Resistenza: un’opera in cemento armato, delle dimensioni di mt. 18 x 6, che costituisce uno dei lavori più importanti della carriera dell’artista.
Nel 1976, dopo aver realizzato la scultura in cemento armato ed azulejo policromo per la scuola elementare di Terzo d’Aquileia, il percorso delle grandi sculture monumentali prosegue con il Disco in cemento armato (diam. cm. 400) per il Comune di Lignano.
Di questo stesso periodo sono anche altre opere che ripropongono lo stilema del disco e sono realizzate in ferro, un materiale che nel corso degli anni successivi viene utilizzato continuamente dallo scultore per la possibilità che offre di dar vita a strutture metalliche di grandi dimensioni, di struttura leggera e resistente.
Questo nuovo percorso di ricerca è aperto da alcune opere in ferro smaltato che ripropongono il motivo del totem, su cui Ceschia lavora dalla fine degli anni ’60 e sul quale egli ritorna lungamente ideando una vastissima serie di lavori che nel suo insieme chiama “Verticali”. Esse sono composte da elementi sovrapposti l’un l’altro ed in base al tipo di sezione (quadrata, rettangolare, romboidale, circolare, curvilinea) su cui sono impostate divengono di volta in volta stele-grattacielo, motivo arboreo, figura con significati antropomorfi. Anche i materiali utilizzati sono estremamente variegati e vanno dal ferro ai metalli compositi, alla pietra, al legno. Alcune di queste opere vengono esposte alla mostra personale che si svolge all’Istituto Italiano di Cultura di Vienna nel novembre-dicembre 1979.
Negli anni ’80 inizia la stesura di un manoscritto autobiografico e parallelamente lavora ad una serie di disegni a china o pastelli colorati intitolata “Mondo del Danubio” che, secondo il progetto iniziale, avrebbero dovuto illustrare il testo. Essi sono caratterizzati da un ritorno alla figuratività e raffigurano soggetti molto diversi tra loro, a partire dagli zigani suonatori con i loro violini, e chitarre sino ai personaggi di storie e leggende come gli “Animali per Benandanti”, la “Mari de gnot”, l’”Omp cu lis orelis di uès” (figure mitologiche di matrice slava presenti nella cultura friulana).
Il motivo circolare ritorna nei “Planisferi“, disegni di grande formato (superiore a 100 x 100 cm.) che rappresentano il mondo con i suoi elementi geografici e topografici: colline, montagne, fiumi, paesi che si dipartono da un nucleo centrale in cui l’artista rappresenta Coia, il suo luogo d’origine. Quasi a sottolinearne il valore cosmopolita, egli sceglie di esporre una parte di questa serie di disegni per la prima volta, insieme ad altre opere, in occasione della mostra antologica che tiene a New York presso la Main Hall Gallery dall’8 settembre al 14 ottobre 1984.
Lo scultore, che già intorno alla metà degli anni ’70 comincia ad occuparsi della realizzazione di medaglie, inizialmente su richiesta (va ricordata, ad esempio, la serie di medaglie in bronzo dedicate ai fisici italiani Enrico Fermi, Emilio Segre e Guglielmo Marconi vincitori del premio Nobel, realizzate nel 1974 su commissione dello stabilimento Johnson di Milano), ne inizia una produzione più libera ed autonoma a partire dai primi anni ’80 con le serie dedicate ai “Poeti russi del ‘900”, ai “Poeti friulani” ed ai “Poeti americani” creando così un originale connubio tra scultura e letteratura. Le medaglie infatti riportano versi poetici eseguiti utilizzando come stampi dei caratteri mobili da tipografia che si rilevano dalla superficie del piccolo disco bronzeo, seguendo un andamento compositivo molto fantasioso, a cui si affiancano dei motivi geometrici sbalzati che ricordano certi Dischi o Verticali dello stesso periodo. Non tutte le medaglie seguono la canonica forma circolare, infatti tra le ultime del 1989, dedicate ai “Poeti Zen”, viene riproposto l’andamento quadrangolare allungato di certe antiche monete cinesi. 130 esemplari di medaglie e gessi realizzate dal 1972 al 1990 vengono esposte presso il Castello di Udine dal 4 luglio al 4 agosto 1991 all’ultima mostra cui Ceschia partecipa di persona.
L’artista si spegne il 4 novembre 1991.
Nasce il 4 giugno 1926 a Tarcento (Udine) da una famiglia contadina.
Nel 1940 frequenta a Tarcento la bottega di Cesare Turrin, uno dei primi fotografi in Friuli, che si dedica alla pittura, alla decorazione, all’alchimia. Il figlio di Cesare, Tiziano Turrin, pittore di talento, lo inizia al disegno e alla pittura.
Nel 1941-42 esce da Tarcento per andare a fare esperienza a Colugna (Udine) nel laboratorio dell’ebanista e restauratore Salvatore Rizzi, che gli insegna ad intagliare cornici in stile toscano e rococò, a fare decorazioni in stucco e copie dal vero da calchi in gesso e riproduzioni.
Nel 1943 frequenta a Udine lo studio dello scultore Antonio Franzolini, da cui apprende a formare gessi. Esegue le prime terrecotte e i primi disegni in modo autonomo.
Nell’aprile 1944 viene internato in un campo di prigionia in Austria, dove compie i suoi 18 anni.
Dopo il suo ritorno dall’Austria nel 1945 segue con impegno e passione la nascita e lo sviluppo del movimento neorealista friulano, mentre partecipa a Udine all’attività dei circoli artistici e alle prime mostre collettive.
Nel 1946 si iscrive a Venezia al Liceo Artistico, che frequenta per un certo periodo ma poi interrompe.
Durante il 1948-49 si trasferisce in Jugoslavia, dove lavora come disegnatore per libri e giornali.
Nel 1951-52 intraprende un nuovo periodo di soggiorno all’estero: lavora a Ginevra in Svizzera come decoratore di palazzi e chiese e compie frequenti viaggi a Zurigo, Basilea, Parigi, dove viene a contatto diretto con le opere d’arte moderna.
Le esperienze recepite durante un viaggio nel sud della Francia presso i vecchi maestri dell’arte ceramica sono di fondamentale importanza per la sua attività. Dopo il suo rientro a casa, nel 1953, costruisce nella legnaia di casa un primitivo forno a legna per la cottura delle ceramiche, da cui escono forme tratte dalla tradizione popolare (bassorilievi su pannelli, piatti e vasi istoriati con soggetti quali risse all’osteria, pescatori, caccia al cinghiale, motivi mitologici, lotte di animali). La produzione artistica di questo periodo viene esposta alla Galleria “La Colonna” di Milano nel febbraio del 1959, al Ridotto del Teatro Comunale di Carpi nel maggio e alla Galleria “Verrocchio” di Pescara nel settembre 1960.
Dal 1960 comincia a introdurre una nuova metodologia tecnica nella lavorazione della ceramica grazie alla sperimentazione su smalti e terre: le opere realizzate in questo modo vengono definite “ceramiche greificate” (Battaglie, Scheggioni per la Resistenza, Cadute di Icaro, Porte di Hiroshima). La “Grande porta di Hiroshima”, esposta nel 1962 alla XXXI Biennale d’Arte Moderna di Venezia, gli vale il conferimento del Premio del Ministero dell’Industria e del Commercio per la ceramica.
Tra il 1960 e il 1962 realizza a tempera o china su carta una serie di disegni che hanno come soggetto le Macchine da guerra e le Formiche in assetto di guerra e costituiscono le prime opere non figurative dell’artista.
Il tema della guerra viene sviluppato ulteriormente in una serie di opere in ceramica che raffigurano teste umane, come le Teste di guerriero e le Teste di gladiatori, che vengono esposte presso la Galleria d’Arte Internazionale di Firenze nel febbraio e la Galleria Studio Artecasa di Pisa nel marzo 1963.
Gli anni ’60 costituiscono un decennio di grande attività: si confronta con i fratelli Dino, Mirko e Afro Basaldella e collabora con diversi architetti, tra i quali Marcello D’Olivo, Ermes Midena, Gino Valle, Gianni Avon. In questo periodo realizza le sue prime opere di grandi dimensioni, concepite inizialmente come complemento dell’apparato architettonico, che saranno all’origine di un nuovo modo di vedere la scultura nella sua espressione più monumentale. Appartengono a questo filone le realizzazioni in ceramica più impegnative: Pannello decorativo murale per la Birra Moretti di Lignano, Bassorilievo della sala consiliare del Municipio di Carpi, Aquilone della scuola elementare Ellero di Tricesimo, Decorazione parietale per la scuola elementare Marinelli di Tarcento, Decorazione parietale esterna per la scuola media Montanari di Mirandola, Bassorilievo per l’Istituto Tecnico Industriale F.Corni di Modena. Con queste opere porta la tecnica della ceramica al suo culmine, per poi abbandonarla a partire dalla seconda metà del decennio dedicandosi a nuove forme e nuovi materiali, come i metalli, le resine sintetiche, la pietra e il legno.
Le sperimentazioni sulla ghisa fusa combinata con metalli incorporati iniziano dal 1961 con le opere che compongono la serie dei Gong, Dischi e Scudi, con i quali avviene il passaggio dal canone figurativo al motivo circolare. Questo tema ritornerà durante tutto il suo percorso artistico in una vastissima serie di varianti che dall’inizio degli anni ’60 giungono fino alle scomposizioni geometriche degli anni ‘80.
La presenza di elementi sferici raccordati da strutture curvilinee ricorre nella serie dei Mandala tascabili: sono delle sculture levigate e lucide, fuse in acciaio, bronzo o argento, che per le loro piccole dimensioni si prestano ad essere tenute nel palmo delle mani; il titolo di queste opere è ispirato al motivo delle strutture geometriche utilizzate in Estremo oriente per le meditazioni e caratterizza una produzione molto prolifica che ha inizio nel 1967 e si protrae nel corso degli anni ’70.
A partire dalla seconda metà degli anni ’60, parallelamente all’utilizzo del metallo fuso (le fusioni vengono realizzate nella maggior parte dei casi in acciaio inox e ghisa), Ceschia si avvicina alla lavorazione della pietra. L’uso di questo materiale consente il definitivo passaggio ad una scultura di tipo non figurativo che vuole la semplificazione della forma e porta all’accostamento allo studio ed all’interpretazione della sfera. La forma della sfera, come quella del disco, verrà riproposta da Ceschia in una grandissima varietà di soluzioni compositive, di materiali e di dimensioni, tanto da divenire una delle espressioni più caratteristiche della sua produzione scultorea dell’ultimo ventennio. Le maggiori opere realizzate in pietra sono eseguite in occasione del suo invito alle rassegne di Forma Viva (un simposio di scultura internazionale in cui agli artisti viene messa a disposizione la materia prima necessaria per la realizzazione delle opere, le quali rimangono in dotazione di un’esposizione permanente all’aperto dislocata in varie località della Jugoslavia): Ceschia partecipa a tre diverse edizioni in cui realizza in Slovenia due lavori in pietra (a Pirano nel 1969 e a Labin nel 1971) ed una grande Sfera (diam. cm. 450) in cemento armato bianco (a Maribor nel 1973). La Sfera di Maribor è la prima di una serie di opere analoghe, basate sulla rivisitazione dello stilema della sfera, che lo scultore realizza nel corso dei successivi quindici anni: ricordiamo la grande Sfera per il Palazzo dei Congressi di Grado (1981), quella per l’esposizione “Forme per il cemento” di Roma (1988) e le due per il nuovo stabile amministrativo della Telecom di Udine (1989-90).
Un importante momento di verifica è costituito dalla grande mostra retrospettiva che viene tenuta nel giugno del 1968 a Udine presso Palazzo Kechler: è un’esposizione a carattere antologico, corredata dalla pubblicazione di un volume monografico, che ripropone il miglior materiale prodotto in oltre vent’anni di intensa attività.
Intorno alla metà degli anni ’70 decide di costruire a Collalto di Tarcento un nuovo grande laboratorio artigianale che contiene vari spazi per la lavorazione dei metalli, del legno, della pietra e del gesso, per la realizzazione dei disegni e per l’esposizione delle opere.
Nel 1975 viene nominato cittadino onorario di Cividale per avervi realizzato il Monumento alla Resistenza: un’opera in cemento armato, delle dimensioni di mt. 18 x 6, che costituisce uno dei lavori più importanti della carriera dell’artista.
Nel 1976, dopo aver realizzato la scultura in cemento armato ed azulejo policromo per la scuola elementare di Terzo d’Aquileia, il percorso delle grandi sculture monumentali prosegue con il Disco in cemento armato (diam. cm. 400) per il Comune di Lignano.
Di questo stesso periodo sono anche altre opere che ripropongono lo stilema del disco e sono realizzate in ferro, un materiale che nel corso degli anni successivi viene utilizzato continuamente dallo scultore per la possibilità che offre di dar vita a strutture metalliche di grandi dimensioni, di struttura leggera e resistente.
Questo nuovo percorso di ricerca è aperto da alcune opere in ferro smaltato che ripropongono il motivo del totem, su cui Ceschia lavora dalla fine degli anni ’60 e sul quale egli ritorna lungamente ideando una vastissima serie di lavori che nel suo insieme chiama “Verticali”. Esse sono composte da elementi sovrapposti l’un l’altro ed in base al tipo di sezione (quadrata, rettangolare, romboidale, circolare, curvilinea) su cui sono impostate divengono di volta in volta stele-grattacielo, motivo arboreo, figura con significati antropomorfi. Anche i materiali utilizzati sono estremamente variegati e vanno dal ferro ai metalli compositi, alla pietra, al legno. Alcune di queste opere vengono esposte alla mostra personale che si svolge all’Istituto Italiano di Cultura di Vienna nel novembre-dicembre 1979.
Negli anni ’80 inizia la stesura di un manoscritto autobiografico e parallelamente lavora ad una serie di disegni a china o pastelli colorati intitolata “Mondo del Danubio” che, secondo il progetto iniziale, avrebbero dovuto illustrare il testo. Essi sono caratterizzati da un ritorno alla figuratività e raffigurano soggetti molto diversi tra loro, a partire dagli zigani suonatori con i loro violini, e chitarre sino ai personaggi di storie e leggende come gli “Animali per Benandanti”, la “Mari de gnot”, l’”Omp cu lis orelis di uès” (figure mitologiche di matrice slava presenti nella cultura friulana).
Il motivo circolare ritorna nei “Planisferi“, disegni di grande formato (superiore a 100 x 100 cm.) che rappresentano il mondo con i suoi elementi geografici e topografici: colline, montagne, fiumi, paesi che si dipartono da un nucleo centrale in cui l’artista rappresenta Coia, il suo luogo d’origine. Quasi a sottolinearne il valore cosmopolita, egli sceglie di esporre una parte di questa serie di disegni per la prima volta, insieme ad altre opere, in occasione della mostra antologica che tiene a New York presso la Main Hall Gallery dall’8 settembre al 14 ottobre 1984.
Lo scultore, che già intorno alla metà degli anni ’70 comincia ad occuparsi della realizzazione di medaglie, inizialmente su richiesta (va ricordata, ad esempio, la serie di medaglie in bronzo dedicate ai fisici italiani Enrico Fermi, Emilio Segre e Guglielmo Marconi vincitori del premio Nobel, realizzate nel 1974 su commissione dello stabilimento Johnson di Milano), ne inizia una produzione più libera ed autonoma a partire dai primi anni ’80 con le serie dedicate ai “Poeti russi del ‘900”, ai “Poeti friulani” ed ai “Poeti americani” creando così un originale connubio tra scultura e letteratura. Le medaglie infatti riportano versi poetici eseguiti utilizzando come stampi dei caratteri mobili da tipografia che si rilevano dalla superficie del piccolo disco bronzeo, seguendo un andamento compositivo molto fantasioso, a cui si affiancano dei motivi geometrici sbalzati che ricordano certi Dischi o Verticali dello stesso periodo. Non tutte le medaglie seguono la canonica forma circolare, infatti tra le ultime del 1989, dedicate ai “Poeti Zen”, viene riproposto l’andamento quadrangolare allungato di certe antiche monete cinesi. 130 esemplari di medaglie e gessi realizzate dal 1972 al 1990 vengono esposte presso il Castello di Udine dal 4 luglio al 4 agosto 1991 all’ultima mostra cui Ceschia partecipa di persona.
L’artista si spegne il 4 novembre 1991.
Premi
1953
Primo Premio per la Scultura – Mostra Triveneta a Gradisca.
1954
Secondo Premio per un disegno sulla Resistenza – Udine.
1960
Secondo Premio extempore di Pittura – Lignano.
1962
Premio del Ministero dell’Industria e Commercio per la Ceramica – XXXI Biennale di Venezia.
1963
Primo Premio Triveneto per la Scultura “S.Giorgio” – Pordenone.
1965
Secondo Premio Concorso Nazionale di Scultura “Francesca da Rimini” – Rimini.
1968
Primo Premio per la Scenografia al XXI Concorso Nazionale Gruppi d’Arte Drammatica di Pesaro per “Ifigenia di Aulide ” del Piccolo Teatro di Udine.
1969
Primo Premio del Governo della Repubblica di Slovenia per la Scultura all’Intart di Lubiana.
1970
Vince il Concorso per la medaglia ufficiale del Congresso Eucaristico Nazionale di Udine.
Dopo quest’ultimo riconoscimento viene invitato ad ideare una medaglia per la “Emancipazione della donna” per conto della Repubblica di S. Marino – per le celebrazioni Marconiane (Johnson ed.) – per il XXX anniversario della Liberazione di Palmanova, ecc.
1976
Gli viene conferita la cittadinanza onoraria della Città di Cividale del Friuli, per meriti culturali.